Ho scritto questo articolo con l'obiettivo di fare chiarezza su tutti gli eventi avvenuti nel passato che ci hanno portato ai fatti di oggi, ad un conflitto israelo-palestinese che sembra non avere soluzione, se non con l'annientamento di una delle due parti. La società, la politica, gli opinionisti si schierano da una parte o dall’altra, senza però avere ben chiaro cosa stia succedendo oggi in Palestina e cosa sia successo nella storia di quella martoriata terra. Lo fanno soprattutto per ideologia, per proiettarsi sulla fazione che sentono più vicina ai propri ideali. Io personalmente non riesco ad accettare questa semplificazione. Credo fortemente che prima di definire chi siano gli aggrediti e chi gli aggressori bisogna avere una minima conoscenza dei fatti che si sono succeduti in quella terra che più popoli chiamano Santa, e che per questo è stata sempre teatro di sanguinose guerre che, anche oggi, non sembrano esaurirsi. Come disse Desmond Tutu “E' importante conoscere il passato non solo per comprendere il presente, ma anche per plasmare il futuro”.
Le origini
Le prime prove di società urbane stabilite nell’area della Palestina provengono dall’archeologia e risalgono al 3700 a.C. Dati i ritrovamenti, si è appurato che le popolazioni che vivevano in quel periodo basavano il proprio sostentamento su un’agricoltura mediterranea ed erano interessati da una crescita demografica molto lenta. Le varie popolazioni erano organizzate in un sistema di città stato indipendenti, simili a quelle molto più famose della Grecia. L’unico contatto di queste preistoriche popolazioni palestinesi erano gli egiziani, loro vicini di casa, con cui intrattenevano dei rapporti commerciali. Dal 1550 al 1400 a.C. l’Egitto governò i terreni della Palestina imponendo il proprio comando con la forza. I palestinesi, organizzati in piccole città stato poco evolute rispetto alle capitali egiziane, non ebbero la forza di respingere il nemico e si fecero assoggettare. L’interesse Egizio per la Palestina, terra arida e povera di risorse, era di stampo prettamente militare. Volevano creare uno stato cuscinetto contro gli imperi rivali del nord, come quello dei Mitanni. Nel corso del X secolo a.C. si svilupparono due regni israeliti contrapposti: Israele nel nord e Giuda nel sud. Fra i due, il regno di Israele era il più prospero, anche perché occupava i territori più fertili della regione. Nell’VIII secolo a.C. la popolazione palestinese contava 160.000 individui e comprendeva circa 500 insediamenti. Nel 734 a.C. l’impero Seleucide sconfisse e conquistò le popolazioni palestinesi, perpetrando il suo controllo su di esse per circa un secolo. Durante il controllo degli assiri, la Samaria, capitale del regno d’Israele, fu conquistata ed i suoi cittadini (circa 30000) deportati in Mesopotamia. Diversa invece la storia per i territori di Giuda. Essi, meno potenti e sviluppati rispetto quelli d’Israele, furono dichiarati indipendenti dall’impero Seleucide dato che non rappresentavano una minaccia. Nel 631 a.C. gli Assiri furono indeboliti per la morte del loro grande re Assurbanipal. Della loro debolezza ne approfittò il regno di Babilonia, il quale attaccò e conquistò la maggior parte del territorio assiro, fra cui le terre d’Israele e di Giuda. Come fece l’impero Seleucide, anche i babilonesi deportarono in massa le popolazioni palestinesi, le quali vennero impiegate come forza lavoro per ricostruire le zone maggiormente colpite dalle precedenti guerre. Nel 601 a.C. Nabucodonosor, monarca dell’impero babilonese, lanciò un’offensiva in Egitto che fallì. Il re fu costretto a ritirarsi a Babilonia per ricostituire il proprio esercito distrutto. Questo attacco fallito fu interpretato dai territori di Giuda come un segno di debolezza e, con la speranza di poter riottenere la propria indipendenza, i giudei attaccarono le truppe babilonesi, dando inizio alla guerra Giudaico-Babilonese. In risposta a quest’affronto, Nabucodonosor mese sotto assedio Gerusalemme la quale capitolò dopo un anno. Nel 539 a.C. Ciro il Grande conquistò Babilonia e tutti i terreni ad essa annessi. A differenza dei suoi predecessori, Ciro diede libertà religiosa e indipendenza alle popolazioni sottomesse. Questo fece di lui un liberatore e lo aiutò a guadagnarsi la benevolenza dei suoi sudditi. Nel 538 a.C. fu permesso alle popolazioni giudee di tornare in Palestina. Esse, che a partire da questo periodo storico furono noti come ebrei, si stabilirono nei territori limitrofi a Gerusalemme, dove, fu ricostruito il tempio in precedenza distrutto dai babilonesi. Durante questo stesso periodo, la popolazione ebrea divenne dichiaratamente monoteista. Yahweh era il nome del loro Dio e a differenza delle altre popolazioni della Palestina non pensavano ne esistessero altri. Nel 330 a.C. Alessandro Magno conquistò l’intera Palestina. Tiro e Gaza furono le uniche città che si rifiutarono di assoggettarsi al grande conquistatore. Alessandro le punì severamente, distruggendole ed uccidendo per intero le popolazioni che le abitavano. Dopo la morte di Alessandro, il suo vastissimo impero fu diviso e la Palestina cadde sotto il controllo dei greci. A differenza dei persiani, i greci cercarono di imporre la propria cultura in tutti i territori conquistati, cercando di imporre la propria lingua e le proprie usanze. I greci fondarono diverse poleis (città greche), le quali godevano di un’esenzione fiscale ed erano amministrate da un governo in stile greco. Nel 167 a.C. fu emanato un editto che proibiva la pratica dell’ebraismo, compresa l’osservanza del sabato, punendo i trasgressori con la morte. Durante questo periodo il secondo tempio ebraico venne riconvertito per il culto di Zeus. Sono sconosciute le ragioni di questa repressione. Molti sostengo che viste le resistenze della parte più tradizionale della popolazione ebraica a farsi contaminare dalla cultura ellenistica la politica decise di imporre con la forza la conversione. Giuda Maccabeo fomentò gli ebrei affinché si ribellassero alle imposizioni elleniche, riuscendo con successo a far revocare l’editto.
Il dominio romano
Mappa della Palestina durante il controllo di Roma - fonte: https://biblemapper.com/
Nel 63 a.C. il generale Pompeo conquistò la Palestina, con tutti i territori ebraici allora conosciuti. Gli eserciti romani entrarono a Gerusalemme e la conquistarono. In un primo momento, pur lasciando alle popolazioni israeliane un’indipendenza religiosa, i romani imposero un governante dell’impero per gestire le pratiche politiche ed amministrative. Questo diede vita ad aggressivi tumulti in tutta la regione che convinsero Roma a cedere l’indipendenza politica alle popolazioni palestinesi. La regione venne divisa in 5 parti ogniuna governata da esponenti locali della popolazione. Con le turbolenze che si scatenarono nel cuore dell’impero romano durante le guerre civili, il controllo sulla Palestina si indebolì. Ne approfittarono gli Asmonei (nome dell’antica famiglia da cui discendeva Giuda Maccabeo) che con il loro esercito riunificarono le regioni precedentemente create dai romani, uccidendo tutti gli israeliti filo romani che le abitavano. Fra di loro, spicca un sommo sacerdote chiamato Erode I, il quale riuscì a sfuggire dai massacri rifugiandosi a Roma, dove fu proclamato “Re degli Ebrei”. Dopo la fine della guerra civile, l’esercito romano riprese il controllo dei territori sottratti dagli Asmonei e la cui amministrazione fu affidata ad Erode, il quale fu soprannominato il “Grande”, e che regnò dal 37 al 4 a.C. Erode ricostruì interamente Gerusalemme e soprattutto diede nuova vita al secondo tempio. Gerusalemme era ora una città all’avanguardia, con tutti i servizi e l’ordine di cui le città romane in Italia godevano. In questo periodo la popolazione ebraica crebbe a dismisura, raggiungendo le 2.2 milioni di unità, sparse in 30 nuove citta fondate o ricostruite. Tuttavia, nonostante il periodo di crescita e sviluppo che Erode portò nei territori israeliani, esso era visto di cattivo occhio da parte più ortodossa della popolazione, la quale lo disprezzava poiché la madre era araba (il che faceva di lui un ebreo impuro) e poiché subito dopo essere stato posto al potere, decise di apporre l’aquila romana sul portone d’ingresso del secondo tempio a Gerusalemme. Quando Erode morì, si generarono una serie di tumulti che furono presto stroncati dalle truppe romane. Il regno di Erode venne diviso fra i tre figli del defunto re, i quali però non ebbero la stessa competenza amministrativa del padre e per questo furono rimossi dai romani che ripresero il controllo diretto della regione. La ripresa del controllo romano sui territori israeliani generò moti indipendentisti fra le popolazioni che li abitavano, i quali furono infervorati dagli Asmonei. Nel 66 d.C. scoppiò una guerra Giudaico-Romana che assunse il nome di Grande Rivolta Ebraica, la quale durò 4 anni e fu vinta dai romani, sotto gli imperatori Vespasiano e Tito. I romani furono molto duri nel reprimere la rivolta. Conquistarono Gerusalemme, rasero al suolo il secondo tempio, uccisero circa un milione di ebrei e esigerono il Fiscus Judaicus, una speciale tassazione destinata ai soli ebrei i cui proventi furono destinati a risarcire il tesoro dell’impero per le guerre combattute in Palestina. Sotto l’impero di Adriano, le provincie della Giudea, della Galilea e della Siria vennero unite in un’unica provincia. Questo atto venne interpretato dagli studiosi come un tentativo di disconnettere gli ebrei dal loro territorio d’origine e di mescolarli con altre popolazioni in modo da inquinare le proprie tradizioni.
Periodo bizantino
Mappa della Palestina durante il periodo bizantino
Saltiamo ora al IV secolo, periodo in cui la repressione romana nei confronti del cristianesimo toccò i massimi che l’impero avesse mai visto. Questo periodo di persecuzione si concluse con la creazione della chiesa di stato intrapresa dal primo imperatore convertito al cristianesimo che Roma avesse visto: Costantino il Grande. La cristianizzazione di Roma ebbe un forte effetto pure sulla provincia della Palestina. Qui vennero costruite cattedrali a Gerusalemme, dove è scritto che Cristo sia morto e sepolto, ed a Betlemme, città della natività. Vennero costruiti più di 140 monasteri cristiani in tutta la Palestina che ancora oggi vengono riconosciuti fra i più antichi al mondo. L’era Bizantina fu un periodo di pace e sviluppo per la Palestina. Nuove aree furono convertite all’agricoltura, la popolazione nelle città aumento toccando il massimo storico che venne raggiunto nuovamente solo nel XX secolo. Caesarea e Gaza divennero i centri culturali più importanti di tutto il mediterraneo, superando addirittura Atene ed Alessandria. Nel 361 l’imperatore Giuliano provò a rinnegare nuovamente la religione Cristiana, abbracciando il politeismo e ricostruendo il tempo ebraico di Gerusalemme, tentativo finalizzato a dimostrare che la profezia del tempio distrutto narrata nella Bibbia fosse sbagliata. Tuttavia, nel 363, subito dopo la morte di Giuliano, il cristianesimo venne restaurato senza grosse frizioni. Nel tardo V secolo tornarono a riemergere delle rivolte da parte degli ebraici, più precisamente del gruppo dei Samaritani, i quali non accettarono tutte le discriminazioni perpetrate dai bizantini nei confronti dei non-cristiani. Come conseguenza, i Samaritani vennero fortemente repressi, accrescendo il dominio cristiano nei loro territori.
Periodo musulmano
Nel VI secolo un profeta chiamato Maometto fondò la religione dell’Islam. I suoi seguaci, noti con come musulmani, si riunirono in una polizia religiosa che aveva come obiettivo di fondare un vasto impero attraverso la guerra santa, o Jihad. Essi conquistarono la Palestina nel 640. I musulmani chiamavano ebrei e cristiani “popoli del libro”, popoli cioè che basavano, come loro, la propria religione su un testo sacro. Sotto il dominio musulmano ebrei e cristiani furono liberi di professare la propria religione, anche se dovevano pagare ai nuovi conquistatori una speciale tassa. I matrimoni misti fra musulmani e non musulmani erano concessi in certe modalità: un uomo musulmano poteva sposare una donna non musulmana ma, invece, una donna musulmana poteva sposare un uomo solo dopo che egli si fosse convertito all’Islam. In quel periodo, la Palestina rappresentava una sorta di miniera d’oro per le popolazioni arabe che la conquistarono. La Palestina godeva di un’ottima posizione nel mediterraneo, il che la rendeva una perfetta terra per il commercio, aveva una moderna produzione agricola e riusciva a generare grossi introiti sfruttando il turismo dei fedeli. Nonostante il dominio arabo, i ricchi cristiani continuarono ad effettuare generose donazioni destinate ai luoghi sacri, favorendo l’afflusso di molti pellegrini da tutta Europa. Molti di questi pellegrini, carichi di offerte da destinare ai luoghi di culto, erano spesso presi di mira dai briganti. Questa fu una delle motivazioni che portò gli europei a concepire l’idea di una crociata per liberare quei luoghi di fede. Nel 661 i musulmani iniziarono a costruire a Gerusalemme la Cupola della Roccia nel luogo in cui credevano che Maometto avesse iniziato il suo viaggio per raggiungere il paradiso. Ad oggi, la Cupola è il monumento religioso islamico più antico ancora esistente. Nel 744 iniziarono delle ribellioni del popolo palestinese contro il califfato (così è chiamato il governo monarchico islamico) soprattutto per la speciale tassa riservata alle popolazioni non arabe che la gente vedeva come pura estorsione. Le rivolte furono sedate nel sangue e per punizione gli arabi distrussero le mura di Gerusalemme e Damasco. Verso la fine del XI secolo, ebbero inizio moti anti cristiani che scossero tutta la Palestina. Le persecuzioni furono perpetrate soprattutto dagli arabi, con la complicità delle popolazioni ebree, e portarono al danneggiamento delle chiese del Santo Sepolcro e della Resurrezione. La notizia dei danneggiamenti scosse le popolazioni cristiane residenti in Europa, i quali incolparono gli ebrei per l’accaduto.
Le crociate
Flussi delle crociate - fonte: https://amantidellastoria.wordpress.com/
Dal 1095 al 1291 furono organizzate le crociate, spedizioni militari finanziate dai reami europei, il cui principale obiettivo fu quello di conquistare la regione della Palestina, regione che gli europei consideravano santa e destinazione principale per i loro pellegrinaggi. La prima crociata conquistò in pratica l’intera costa del mediterraneo orientale, fra cui Gerusalemme. Gli ebrei combatterono a fianco dei musulmani per difendere la loro terra ma furono massacrati dalle truppe crociate, le quali ricostruirono fortificazioni, castelli e torri in tutti i territori sotto il loro controllo. Ci furono in totale 8 crociate che non riuscirono però a mantenere il pieno controllo sui territori conquistati. Nel 1291, quanto i soldati crociati si ritirarono, Gerusalemme fu immediatamente riconquistata delle popolazioni turche, le quali massacrarono i cristiani e distrussero chiese e luoghi di culto affini al cristianesimo. Nel XIV secolo gli interessi degli occidentali per le crociate si affievolirono per via di una nuova ideologia della “buona vita cristiana” secondo la quale invadere e massacrare popolazioni straniere, per quanto non cristiane, esulava fortemente dai principi dettati dalla Bibbia. Con l’allontanamento dei crociati, la Palestina divenne un obiettivo per le mire espansionistiche dell’impero mongolo. I mongoli, una volta conquistata la regione, rasero al suolo tutte le città costiere, in modo da ostacolare un possibile ritorno dei crociati e consolidare il loro controllo. Per via dei numerosi conflitti, dei terremoti e della peste nera che afflissero la regione, la popolazione palestinese calò a 200.000 unità.
Il domninio ottomano
Palestina durante la dominazione ottomana - fonte: https://lavocedinewyork.com/
A partire dal 1486 i turchi attaccarono le popolazioni mongole che detenevano il controllo della Palestina. I turchi ebbero rapidamente la meglio ed assunsero il completo controllo della regione nel 1516. La Palestina venne divisa in 5 distretti e dovette subire la tassazione e l’amministrazione imposta dall’impero turco. In questo periodo le popolazioni palestinesi furono fortemente sfruttate e derubate dei propri possedimenti. Ciò portò molti palestinesi ad abbandonare i propri villaggi cercando di raggiungere territori fuori dal controllo turco in modo da sfuggire allo sfruttamento. Questo stato delle cose rimase invariato fino al XIX secolo. Nel 1831 Muhammad Ali d'Egitto organizzò un esercito con l’intento di strappare la Siria ottomana (Palestina inclusa) agli ottomani, impresa che portò a compimento in un solo anno. Il dominio egizio introdusse importanti riforme politiche volte a creare un impero più centralizzato e coeso, visione che andava in forte contrasto con il governo semi autonomo che i turchi avevano invece utilizzato fin quando avevano occupato le regioni della Palestina. Questo repentino cambiamento amministrativo portò le popolazioni turche conquistate a rivoltarsi contro il nuovo dominio egiziano ma, grazie alle proprie doti diplomatiche, Muhammad Ali riuscì a contrattare con essi ricostituendo la pace senza versamenti di sangue. Durante questo periodo di pace, molti esponenti politici e religiosi di Gerusalemme furono processati ed uccisi. Nel 1841 il regno unito si alleò con l’impero ottomano con l’obiettivo di estendere il suo protettorato sulle vaste regioni controllate dai turchi. Nel 1841 la marina Inglese bombardò Beirut e una spedizione anglo-ottomana riuscì con successo a sbarcare nei pressi dei territori palestinesi riconquistandoli. L’esercito egizio si ritirò e firmò con gli anglo-ottomani un trattato di pace che restituì il controllo della Palestina all’impero ottomano. Nel XIX secolo incominciò a svilupparsi in Europa il movimento Sionista, il cui principale scopo era quello di ricostruire uno stato israeliano in Palestina così da ridare una patria centrale a tutti gli ebrei sparsi nel mondo. Grazie alla spinta del movimento Sionista, nel corso del 1881-1882 più di 25.000 ebrei si trasferirono in Palestina, nella terra d’Israele. Nel 1891, un gruppo di notabili di Gerusalemme, preoccupati per la velocità di immigrazione degli israeliani e la loro capacità di acquistare terre fertili dalle popolazioni ottomane, fece richiesta al governo centrale di Istanbul di interrompere l’ingresso della popolazione israelita in Palestina e di vietare la vendita dei terreni. Nonostante questi tentativi di ostruzionismo, dal 1904 al 1914 altri 35.000 ebrei arrivarono in Palestina, soprattutto dalla Russia e dalla Polonia.
Le due guerre mondiali
Nella Prima Guerra Mondiale, l’Impero Ottomano si schierò con le forze centrali, contro quindi l’Inghilterra e la Francia. Nel 1915, secondo la cosiddetta corrispondenza Hussein-McMahon, l’Inghilterra si impegnava ad assecondare la nascita di uno stato arabo unito in cambio di una grande rivolta araba contro l’impero Ottomano. Ciò andò in conflitto con un’altra dichiarazione proclamata dal ministro degli esteri Balfour nel 1917, la quale prometteva di stabilire uno stato ebraico nella Palestina liberata. Il 9 dicembre 1917 una forza di spedizione inglese conquistò Gerusalemme e, il 31 ottobre del 1918, prese il controllo dell’intera Palestina ed ottenne la resa della Turchia. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale fu costituita la Società delle Nazioni, alla quale venne affidato il compito di regolare l’amministrazione della Palestina dopo la liberazione britannica. Nel 1922, al Società delle Nazioni pubblicò un mandato che recitava:
“Considerato che le Principali Potenze Alleate hanno altresì concordato che il Mandatario dovrebbe essere responsabile per mettere in atto la dichiarazione originariamente fatta il 2 novembre 1917 dal Governo di Sua Maestà Britannica e adottata dalle suddette Potenze, a favore dell’istituzione in Palestina di una patria nazionale per il popolo ebraico, con la chiara comprensione che nulla dovrebbe essere fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, o i diritti e lo status politico goduto dagli ebrei in qualsiasi altro paese”
I rappresentati arabi contestarono apertamente il mandato della Società delle Nazioni. Sostenevano che esso fosse incompatibile con la corrispondenza McMahon-Hussein ufficializzata anni prima, e per questo gruppi di arabi e cristiani palestinesi spinsero per ottenere l’unificazione con la Siria, in modo da opporsi nettamente al Sionismo. Nel 1920 si verificarono delle rivolte da parte del popolo arabo residente in Palestina contro gli immigrati ebrei. Gli scontri durarono per quatto giorni e furono alla fine sedati con difficoltà dalle truppe Inglesi. Alla fine degli scontri gli immigrati ebrei decisero di dare vita ad uno stato centralizzato, in modo da organizzare meglio la resistenza contro le popolazioni arabe che si opponevano alla loro presenza nei territori palestinesi. Questo stato riuscì inizialmente a sopravvivere grazie all’appoggio dell’amministrazione britannica. Nel 1921 i britannici istituirono il Consiglio Superiore Musulmano, il quale aveva come obiettivo quello di amministrare il mondo religioso arabo-palestinese. Negli anni successivi, i leader musulmani che guidarono il consiglio si batterono per ottenere un’indipendenza completa della Palestina. I britannici, per ostacolare i moti indipendentisti arabi, cercarono di assecondare i moti sionisti, garantendo i flussi migratori di ebrei che arrivavano da tutto il mondo. Dal 1922 al 1947, la popolazione ebrea passò dal rappresentare l’11% della popolazione palestinese al 31%. Nel 1933 Hitler acquisì il potere delle istituzioni tedesche e sottoscrisse l’accordo di Haavara con la federazione sionista, con il quale si voleva incoraggiare l’emigrazione degli ebrei tedeschi verso la Palestina. A partire dal 1939 la Gran Bretagna decise di limitare i flussi migratori di ebrei verso la Palestina a seguito della pubblicazione del Libro Bianco, contenente la volontà da parte del governo britannico di limitare i moti di rivolta arabi in Palestina, i quali combattevano aspramente l’espansione dei possedimenti ebrei a danno dei propri. Tra il 1936-1939 si sviluppò la Grande Rivolta Palestinese, guidata da un risentimento verso l’occupazione britannica e gli insediamenti sionisti che stavano strappando sempre più terreni fertili agli altri palestinesi. LA rivolta fu sedata nel sangue dalle truppe britanniche. Si stima che nei 4 anni della rivolta venne ucciso l’11% della popolazione maschile palestinese. La Gran Bretagna, viste le insurrezioni, decise di aumentare la presenza militare nella regione, portando il totale degli uomini stanziati a più di 100.000. I palestinesi uscirono pesantemente indeboliti dalla fine della rivolta. Tutti i loro capi vennero condannati a morte e si perse quell’unità sotto la quale la protesta palestinese si muoveva mentre gli insediamenti sionisti rimasero compatti sotto la forte protezione delle truppe britanniche.
4Suddivisione della Palestina decisa dalla commissione Peel - fonte: reddit.com
Nel 1937 la Gran Bretagna convocò una commissione che decidesse la spartizione dei territori della Palestina fra le varie popolazioni che l’abitavano. Venne chiamata Commissione Peel (dal nome del presidente William Peel) ed aveva come obiettivo quello di stabilizzare la zona demarcando dei confini netti fra gli stati che si proponeva di creare. La direzione Sionista appoggiò la ripartizione ma con qualche riserva, poiché alcuni esponenti delle popolazioni ebraiche che abitavano la Palestina pensavano che il territorio loro assegnato non fosse correttamente commisurato al numero di ebrei che effettivamente abitava il territorio. I palestinesi si opposero duramente alla spartizione ma, presentando le loro rimostranze disuniti, senza proporre una linea unanime, non ebbero la forza di cambiare la decisione della Commissione di Peel. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale le popolazioni sioniste della Palestina si schierarono con gli Alleati mentre, nonostante non ci fosse una posizione unanime, la maggior parte degli arabi palestinesi appoggiò gli stati dell’Asse, convinti che nel caso di una loro vittoria avrebbero potuto imporre il proprio volere sui sionisti, non più protetti dalla Gran Bretagna. Il 10 giugno del 1940 l’Italia entrò ufficialmente nel conflitto mondiale ed attaccò la popolazione ebrea bombardando Tel Aviv e Haifa. Nel 1944 il governo britannico sostenne la formazione di una brigata ebraica, con ufficiali ebrei e non, che combatté soprattutto contro la Germania nazista in Europa, cercando di riconquistare i territori occupati dall’asse in Italia. Alla fine del conflitto, parte degli uomini che facevano parte della brigata ebraica confluirono nelle ufficiali forze armate del nuovo stato d’Israele. Dopo la fine del conflitto, il controllo del governo britannico sui territori della Palestina divenne sempre più debole. La ragione principale fu di tipo economico. Il costo del mantenimento di 100.000 uomini in territorio straniero incominciò ad avere cifre insostenibili e non giustificabili agli occhi dell’opinione pubblica. Inoltre, il controllo del territorio venne reso sempre più ostico da azioni paramilitari delle popolazioni ebree contro i palestinesi, le quali acuirono ancora di più la tensione generale fra le diverse popolazioni palestinesi.
La svolta delle Nazioni Unite
Divisione della Palestina proposta dalla risoluzione 181 delle Nazioni Unite - fonte: https://cdn.britannica.com/
Il 29 novembre 1947 l’assemblea generale delle Nazioni Unite proclamò la risoluzione 181. Tare risoluzione prevedeva una suddivisione della Palestina in uno stato arabo ed uno ebraico, con l’eccezione della città di Gerusalemme e Betlemme, le quali sarebbero state governate da un regime internazionale, visto il loro valore religioso condiviso da entrambe le fazioni. La risoluzione dell’ONU diede inizio ad una sanguinosa guerra civile fra le popolazioni che abitavano la Palestina. La fazione araba formò l’Esercito di Liberazione Arabo, formato soprattutto da volontari provenienti da tutti i territori attorno la Palestina. Il conflitto durò quattro mesi e si risolse con la vittoria della fazione ebraica. Si stima che alla firma dell’armistizio circa 700.000 persone furono costretti a lasciare le loro abitazioni e, in generale, la Palestina. Il 14 maggio 1948 venne ufficializzata la nascita dello stato d’Israele, il quale deteneva il controllo della maggior parte della Palestina del sud, della Galilea e delle zone costiere del nord-ovest. Le popolazioni palestinesi si opposero duramente al tentativo di presa di controllo dello stato Israeliano nei territori da esso rivendicati, generando un’ennesima guerra civile. Le battaglie più cruente si ebbero fra israeliani e truppe giordane per il controllo di Gerusalemme. L’11 giugno si arrivò ad una tregua che lo stato d’Israele sfruttò immediatamente per rinforzare il suo esercito e conquistare l’intera regione della Galilea, ampliando in questo modo i confini del proprio territorio. Gli arabo-palestinesi che abitavano le zone conquistate dagli israeliani furono costretti a fuggire. Dopo la sconfitta delle popolazioni arabe palestinesi, la Lega Araba decise di riunire sotto un’unica bandiera tutte gli arabi che abitavano la Palestina. Il neonato Stato Arabo della Palestina fu uno dei primi tentativi di instaurare un’amministrazione araba indipendente in Palestina. Lo Stato Arabo fu appoggiato ufficialmente dall’Egitto quando nacque, ma vide con il passare del tempo il proprio potere eroso dalle continue incursioni israeliane che contribuivano a destabilizzare le popolazioni che lo abitavano. Anche la sede del governo fu costretta ad abbandonare i territori palestinesi per instaurarsi al Cairo. Nel 1967 Egitto, Siria, Giordania e territori arabi palestinesi decisero di attaccare insieme Israele, dando inizio a quella che viene ricordata oggi come la Guerra dei Sei Giorni. Nonostante la superiorità numerica degli stati arabi, Israele, molto meglio organizzata dal punto di vista militare e dotata di armi avanzate importate dall’occidente, riuscì a respingere l’attacco ed a conquistare nuovi territori. In particolare, prese il controllo della Cisgiordania, la striscia di Gaza e Gerusalemme est. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite intervenne subito dopo la guerra approvando la Risoluzione 242, con la quale si promosse la formula “terra per pace”: venne chiesto a Israele di lasciare tutti i territori occupati durante la guerra dei Sei Giorni in cambio della deposizione delle armi di tutti gli stati arabi confinanti ad Israele. La risoluzione fu oggetto di discussione fra le nazioni belligeranti che, nonostante deposero le armi, interpretarono a loro modo le consegne provenienti dal Consiglio di Sicurezza. Israele, si ritirò da alcune parti dei territori occupati nel 1967, ma continuò a mantenere il proprio controllo su porzioni della Cisgiordania, sulla striscia di Gaza e su Gerusalemme est. I palestinesi arabi, dal canto loro, rimasero convinti della necessita di distruggere lo stato di Israele e di ottenere la propria indipendenza in modo da costituire uno stato arabo in Palestina. Dopo solo sei anni, come conseguenza delle tensioni mai sedate derivanti dalla guerra dei Sei Giorni, le forze arabe organizzarono una nuova offensiva a sorpresa contro lo stato di Israele, con il principale obiettivo di riprendere i territori precedentemente persi. Il 25 ottobre 1973 Egitto, Siria e Giordania attaccarono i territori Israeliani che, presi di sorpresa, non riuscirono inizialmente a respingere il nemico. Il conflitto, chiamato Guerra del Ramadan, interessò per la prima volta sfere d’influenza molto distanti dal Medio Oriente. Parteciparono, anche se in maniera indiretta, anche Stati Uniti e Unione Sovietica, i quali rifornivano di armi e munizioni rispettivamente gli Israeliani e gli stati arabi. Dopo circa due settimane di violenti scontri, le forze Israeliane riuscirono ad organizzare un’efficace controffensiva che fece indietreggiare le forze della lega araba. Il 22 ottobre le Nazioni Unite imposero un cessate il fuoco che non fu però rispettato da entrambe le fazioni. Poche ore dopo, le truppe israeliane riuscirono ad accerchiare la Terza armata egiziana ad ovest del Canale di Suez. Il giorno seguente ci furono intense attività diplomatiche, volte a salvare l’armata egiziana dall’annientamento così da allontanare l’Egitto dalla sfera d’influenza sovietica. Gli Stati Uniti imposero una fortissima pressione sullo stato di Israele per far sì che l’accerchiamento attorno alla terza armata venisse spezzato. Israele fu costretta a sottostare alle richieste statunitensi, decretando la fine della guerra e la liberazione della Terza armata egiziana.
Storia recente
Dal 1987 al 1993 si susseguirono vari tentativi diplomatici affinché si riuscisse a trovare una pace stabile che desse una fine ai continui conflitti delle popolazioni palestinesi. Purtroppo questi tentativi furono vani. Durante i negoziati, la popolazione palestinese, oppressa dal controllo israeliano, continuò le aggressioni contro gli ebrei. Furono registrati numerosi attentati suicidi palestinesi in territorio israeliano che istigarono a loro volta invasioni a tutto campo da parte delle forze armate israeliane per trovare ed uccidere i mandanti degli attentati. Per evitare il susseguirsi di penetrazioni palestinesi in territorio israeliano, fu costruita nel 2002 una barriera di sicurezza che separasse Israele dai territori della Cisgiordania. Sempre nel 2002 furono proposti una serie d’incontri, riuniti nel programma chiamato “Road Map per la Pace”, nei quali Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Nazioni Unite cercarono di trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese. Nel 2004 Israele accettò un piano di disimpegno unilaterale, nel quale si impegnò a ritirare le proprie forze armate dalla striscia di Gaza, senza però rinunciare al controllo aereo e marittimo sulla zona, e a smantellare i propri centri operativi in territorio cisgiordano. Il 25 gennaio 2006 si tennero le elezioni legislative dell’Autorità Palestinese dove il partito di Hamas vinse la maggior parte dei seggi, acquisendo quindi il controllo delle istituzioni palestinesi. Questa notizia fu colta con sconcerto dai paesi dell’occidente e, nel tentativo di destabilizzare il parlamento palestinese affinché venissero indette nuove elezioni, gli Stati Uniti imposero pesanti sanzioni economiche nei confronti dei territori palestinesi. Nel giugno 2006, per opporsi ai tentativi di destabilizzazione, Hamas organizzò un’incursione armata che partì dai territori della striscia di Gaza e riuscì a raggiungere Israele tramite l’utilizzo di tunnel sotterranei. Venne catturato un soldato israeliano, chiamato Gilad Shalit, tenuto prigioniero da Hamas fino al 2011. Israele rispose prontamente all’affronto invadendo su larga scala tutto il territorio di Gaza e catturando 1000 prigionieri palestrinesi.
Nei successivi anni, il conflitto israelo-palestinese ha continuato ad inasprirsi, con continue agressioni e repressioni. Questa latente tensione sfocierà nell'attentato del 7 ottobre 2023 perpetrato da Hamas nei confronti di civili israeliani. Vista la vicinanza di questa vicenda ai nostri giorni, mi piacerebbe trattare l'argomento in un indipendete articolo che verrà pubblicato nei prossimi giorni